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Itinerari etnografici

 

L'acqua de la Piave l'è tanto bona da bever, e la mena le zate,
ma nel mese da magio la va in amor...


L'acqua della Piave è tanto buona da bere, e conduce le zattere,
ma nel mese di maggio va in amore...

(Angela Nardo Cibele, Acque pregiudizi e leggende bellunesi, Palermo 1888)


 

La Piave o La Plau nell'immaginario collettivo era creatura viva, femminina a cui si attribuivano virtù ed effetti umani. Madre feconda e ristoratrice, arteria secolare di comunicazione tra montagna e pianura, solcata da zattere e merci, era capace di sconvolgere repentinamente i paesaggi che attraversava quando le sue acque si gonfiavano e ribollivano, "andavano in amor" per lo scioglimento delle nevi. E' difficile oggi pensare che questo fiume ridotto a un rigagnolo, imbrigliato da dighe e centrali elettriche , ormai privo di dignità, fosse in grado di trasportare con la forza delle sue acque migliaia di tronchi dai boschi del Cadore, del Cansiglio, del Montello, fino a Venezia, che sulle lunghe zattere viaggiassero uomini e beni: burro pregiato dei pascoli montani, carbone, legna da ardere, pietre molari delle cave di Tisoi e Bolzano Bellunese, pirite cuprifera delle miniere agordine, chiodi e ferri delle fucine zoldane, vino dei colli trevigiani. Gli argini e le grave erano percorsi da pastori transumanti, che in autunno portavano le greggi in pianura e in primavera risalivano verso le montagne. L'erba magra degli argini, i ciuffi sparuti e i Cespugli delle grave, le stoppie dei campi offrivano alimento a migliaia di ovini, che a loro volta fecondavano la terra al loro passaggio.
Ma l'acqua possente e impetuosa del fiume era anche una barriera tra le due sponde, contribuendo a marcare differenze linguistiche e culturali. I ponti e le passerelle erano frequentemente travolti dalle piene e la comunicazione avveniva attraverso i "passi barca", passaggi incerti in un arteria che privilegiava il movimento verso il basso, verso la pianura. Vorremmo condurvi, attraverso i nostri itinerari, a ripercorrere i territori lambiti da questo grande fiume: le zattere non scendono più, i pastori sono ormai rari, i "passi barca" sono definitivamente scomparsi. Dalle sorgenti del Piave al mare si possono ancora cogliere alcune tracce del continuo flusso di uomini, merci, idee, nella toponomastica e nel paesaggio antropizzato Ci sono tuttavia dei luoghi, i musei etnografici, veri e propri depositi di memoria, dove è ancora possibile immaginare questa grande Piave nel pieno delle sue forze, conoscere abilità tecniche, saperi, comportamenti tradizionali di coloro che hanno abitato e abitano nel bacino idrografico del fiume. Sono i punti di partenza o di arrivo di percorsi che si snodano tra mulini e segherie, idrovore e reti a bilanciere, case di legno e di pietra, elementi significativi, che chiedono maggiore tutela e rispetto.

Itinerario etnografico La Piave. Mappa disegnata da Letizia De Martin

Itinerario etnografico La Piave. Mappa disegnata da Letizia De Martin
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